Federica Giordani

giugno 1, 2009

Ilaria Alpi e Miran Horvatin. Nessuna verità ma tante “Carte false”

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Milano, 1 giugno 2009 ( La Voce d’Italia)

Il 20 Marzo del 1994 sono stati uccisi due giornalisti “che non avevano tradito il loro mestiere”: Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Horvatin. Erano in Somalia, a Mogadiscio, quando un commando ha assaltato la gip sulla quale si trovavavo insieme all’unico uomo di scorta somalo, mentre l’altro si era reso irreperibile. Ilaria e Miran sono stati uccisi con due colpo di pistola, sparati a distanza ravvicinata, nel caso di Ilaria “a contatto con il capo” come ha dichiarato il perito medico Giulio Sacchetti il 23 aprile 1994: un’esecuzione. 

Dopo 15 anni un libro inchiesta “Carte false. L’assassinio di Ilaria Apli e Miran Horvatin. Quindici anni senza verità” a cura di Roberto Scardova, vice caporedattore e inviato speciale del Tg3, mette di nuovo sul piatto
dell’informazione, la lunghissima serie di falle che ricoprono il percorso verso la verità di quell’omicidio. La parola che si ripete con più frequenza nel testo è “Perchè?” come in tutti i misteri che meritino questo appellativo, un mistero particolare perchè, qui la sostanza è che sappiamo e abbiamo anche le prove. Prove di un evidente non volontà di arrivare ai mandanti di quell’omicidio, di voler insabbiare tra la terra della Somalia i traffici illeciti italiani, quei traffici dei quali Ilaria si stava occupando. 

Quello edito da Edizioni Ambiente non è il primp libro sul caso Alpi-Horvatin, ma sembra non essere mai sufficiente il lavoro di chi mette in fila i semplici fatti, per scuotere l’opinione pubblica, la politica, i media. Aembrano non bastare le evidenze sulle coperture, sulla manomissione delle prove, sui taccuini di Ilaria spariti (3 su 6) durante il viaggio di ritorno delle due salme in Italia, sulle cassette di Miran, alcune sparite, altre manomesse (mancano interi stralci di interviste fatte al Sultano di Bosaso, il materiale “forte” di cui Ilaria parlava al telefono con i colleghi del Tg3), sulla macchina Toyota su cui viaggavano i due giornalisti che ha sui sedili tracce di sangue che non appartengono ad Ilaria. Non basta. 

Non è bastato alla Commissione d’Inchiesta parlamentare apertasi nel 2004 e chiusa due anni dopo con un nulla di fatto, o meglio con una menzogna. Il presidente di quella commissione era Carlo Taormina e la conclusione fu che i due giornalisti erano eroi perchè morti, ma non perchè stessero lavorando su materiale compromettente, a Bosaso erano solo andati a fare dei “bagni di mare”. Una vacanza, insomma, finita con un tentativo di sequestro andato male. Non contava che Ilaria insieme a Miran, avesse messo le mani, gli occhi e tutti gli acuti sensi di reporter su uno scandalo evidente: l’Italia dava armi alla Somalia, in guerra civile, in cambio di rifiuti tossici da smaltire nei cantieri delle nuove strade, nel mare. 

Ora il caso è stato riaperto dal Gip Emanuele Cersosimo, poichè troppi sono i “perchè?” rimasti senza risposta. Nel frattempo libri come “Carte false” tornano a parlare di quei fatti, raccontano, riaprono ferite italiane che non si sono cicatrizzate, almeno non nell’anima di chi cerca la verità come facevano Ilaria e Miran.

Scardova Roberto (a cura di), Carte false. L’assassinio di Ilaria Apli e Miran Horvatin. Quindici anni senza verità, Edizioni Ambiente, collana Verde Nero, pp. 187, euro 14,00

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